venerdì 26 luglio 2019

La barca e i naufraghi



- Chi sei?
- Sono un prete
- E chi è un prete?
- Un prete è uno che va in giro per tutta la vita sulla barca della Chiesa a soccorrere naufraghi.
- Chi sono i naufraghi?
- I naufraghi sono tutti quelli che il mondo scarta o lascia da soli.
- Posso venire con te?
- Certo che puoi!

Soccorre naufraghi è la missione di un cristiano fin dalla chiamata rivolta da Gesù ai primi discepoli. Il Vangelo racconta di naufraghi soccorsi da Gesù e dai suoi, gli Atti degli Apostoli raccontano di naufraghi soccorsi dagli apostoli e dai cristiani nel nome e per amore di Gesù. Tutta la storia della Chiesa racconta di naufraghi soccorsi e portati in salvo. La nostra piccola e ordinaria storia di cristiani è tutta un soccorrere naufraghi.

I naufragi a cui assistiamo sono di tipo diverso: ci sono i naufraghi veri e propri, quelli che devono essere salvati da un naufragio in mare, ma ci sono naufraghi nel mare della solitudine, della malattia, della povertà, dell’emarginazione, delle dipendenze dall’alcool, dal fumo, dalla droga, dal gioco d’azzardo,… ci sono naufraghi che hanno visto infrangersi i loro sogni e oggi non trovano un salvagente a cui aggrapparsi per riprendere una vita dignitosa, quelli che sono stati abbandonati da tutti, o quelli che hanno abbandonato tutto e tutti, quelli che sono stati traditi dalle persone che amavano o dagli amici di cui si fidavano, quelli che sono vittime di violenze e prepotenze,… Si naufraga per tanti motivi e ci si ritrova in una condizione in cui ci si sente perduti.

A tutti i naufraghi si avvicina Gesù e con Gesù si avvicina il cristiano chiamato a stare là dove sta Gesù: «Se uno mi vuole servire, mi segua, e dove sono io, là sarà anche il mio servitore» (Gv 12, 26).

Se ci facciamo caso, dalla mattina alla sera, abbiamo la possibilità di soccorrere naufraghi, prendendoci cura di tutte le persone che incontriamo in casa nostra e sulla strada. A qualcuno basta un saluto o un sorriso per sentirsi accompagnato con simpatia da chi gli sta intorno e non sentirsi solo. A un altro basta una visita e qualche minuto di attenzione per ritrovare un po’ di serenità e di speranza. Altri hanno bisogno di fiducia e di incoraggiamento per superare una crisi. Tutti possiamo offrire al prossimo una parola buona, uno sguardo benevolo e la possibilità di riscattarsi dagli errori commessi in passato.

Quando penso alla misericordia di Dio, la immagino così: una chiamata alla vita santa che si rinnova e risuona con maggiore forza nel momento in cui il mio rapporto con Dio sembra compromesso irrimediabilmente.

Perciò un prete, come ogni cristiano, va in giro per tutta la vita sulla barca della Chiesa a soccorrere naufraghi. [dGL]

giovedì 18 luglio 2019

Il primo passo dell’uomo

Josip Botteri Dini, Il Samaritano, Chiesa di Cristo Re, Porto d'Ascoli
Leggendo la parabola del buon Samaritano (Lc 10, 25-37), rimango colpito da due parole di Gesù che rimandano il dottore della Legge alla sua vita.

Quando il dottore della Legge espone il comandamento dell’amore: «Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente, e il tuo prossimo come te stesso» (Lc 10, 27), Gesù gli dice: «Hai risposto bene; fa’ questo e vivrai».

Al termine del racconto della parabola, quando il dottore della Legge è invitato a tirare le conclusioni e dice che il prossimo è chi ha avuto compassione dell’uomo aggredito dai briganti, Gesù dice: «Va’ e anche tu fa’ così» (Lc 10, 37).

Il dottore della Legge chiede a Gesù che cosa deve fare per ereditare la vita eterna. Gesù gli risponde con indicazioni riguardanti il suo presente: «… fa’ questo e vivrai»; «Va’ e anche tu fa’ così». Le risposte di Gesù mi fanno pensare all’eternità come qualcosa che è già in atto nella nostra vita terrena: amare Dio con tutto il cuore e il mio prossimo come me stesso vuol dire condividere quell’amore di Dio che è da sempre e che si esprime nel creato, nella storia, nella vita d’ogni giorno, nell’eternità.

Il primo passo dell’uomo per entrare nella vita eterna è riconoscersi amato da Dio.

Nella parabola del buon Samaritano balza all’occhio la violenza dei briganti che aggrediscono un uomo in cammino e lo lasciano mezzo morto sulla strada. Balza all’occhio il comportamento di un sacerdote e di un levita che vedono e passano oltre.
«Ma come si può passare oltre e lasciarlo lì a morire?».
«È un sacerdote il primo che passa! È un levita il secondo!».
E via con l’indignazione e con i giudizi!!!
E via con il malumore per un mondo che non funziona per colpa di briganti sempre più violenti e di sacerdoti e leviti che se ne vanno per la loro strada indifferenti …

Ma questo malumore crescente ci distrae dal gesto di un uomo che vede e ha compassione. Nel mondo ci sono briganti e persone talmente piene di impegni da non potersi fermare, persone insensibili e sorde ai bisogni dei più piccoli e deboli.

Ma nel mondo ci sono persone come quel Samaritano.

Esistono tanti buoni Samaritani e ognuno di noi, una volta o l’altra, li ha incontrati. Eravamo come quell’uomo mezzo morto e qualcuno ci ha soccorso, ha dedicato a noi il suo tempo e il suo cuore. Dobbiamo riconoscere che eravamo mezzi morti e che saremmo morti del tutto, se quell’uomo non fosse passato per la via e non ci avesse raccolto.

Pensiamo alla gratitudine che fiorisce nel nostro cuore quando qualcuno ci fa del bene in modo gratuito e inaspettato. Ci prende una gioia che ci fa guardare tutto con fiducia e speranza! Ci viene voglia di far qualcosa per ricambiare il bene ricevuto e rendere tutto ancora più bello!

Sono convinto che l’uomo della parabola, una volta guarito, abbia scelto come regola di vita di andare e fare come il buon Samaritano, che aveva incontrato sulla via da Gerusalemme a Gerico! [dGL]

venerdì 12 luglio 2019

La bellezza è nella storia di chi ama

La bellezza è nella storia di chi ama – venerdì 12 luglio 2019

Dal Vangelo secondo Matteo (7,24-25)
24 Perciò chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica, sarà simile a un uomo saggio, che ha costruito la sua casa sulla roccia. 25 Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ma essa non cadde, perché era fondata sulla roccia.

Oggi concludiamo questa bellissima storia dell’oratorio estivo.
è stata una storia entusiasmante, vissuta in allegria tra amici.
Alcuni amici sono ben visibili accanto a noi (preti, Lucia, educatori, animatori, mamme e papà, amici,...), altri ci sono sempre, ma possiamo vederli solo con gli occhi della fede.

Gesù, Maria, San Giuseppe e tutti i santi ci guardano sempre giocare e lavorare e ballare,... e ci raccontano la loro bella storia.

Le parole che abbiamo ascoltato poco fa, tratte dal vangelo secondo Matteo, ci dicono il segreto della bella storia di ogni santo e quindi anche della nostra: costruire sulla roccia. Non esistono nel mondo persone che vivono e non affrontano mai la pioggia, la tempesta, il vento forte, la fatica, il buio spaventoso della notte,... momenti di delusione, di solitudine e tristezza. Invece esistono nel mondo persone che la roccia fa resistere a ogni difficoltà. Questa roccia è Dio!

Dai santi impariamo a vivere, e vivere significa giocare, divertirci, ma anche rispettarci, volerci bene, aiutarci, prenderci per mano, condividere, incontrarci, ammirare ciò che è vero, bello, buono e giusto e vivere per ciò che è vero, bello, buono e giusto! Vivere è amare ed essere amati, essere destinatari di una cura e prenderci cura di qualcuno. Qui in oratorio abbiamo fatto esperienza di una cura gratuita da parte di chi ci vuole bene e ognuno di noi, a sua volta, ha avuto occasione di prendersi cura di qualcuno. Gli animatori si sono presi cura gli uni degli altri e dei bambini e ragazzi che gli sono stati affidati. Le mamme hanno preparato le merende e, così facendo, si sono prese cura di circa 100 figli per tre pomeriggi a settimana. Bambini e ragazzi si sono presi cura dei loro compagni di gioco, o di squadra o di laboratorio, e anche degli animatori. Sì, anche degli animatori: perché è vero che il più grande si prende cura del più piccolo, ma il più grande, per essere contento, ha bisogno che il più piccolo si prenda cura di lui mostrandosi attento ad ascoltare, gentile nel parlare, sorridente nel ringraziare, contento nel giocare,...

Oggi sono felice di poter dire che è stata una bella storia e continuerà a essere una bella storia, sempre più bella! Per tutto questo vogliamo ringraziare Dio, pregando insieme come Gesù ci ha insegnato: Padre nostro,...