venerdì 29 settembre 2017

Insegnare agli ignoranti

“Essi stavano fissando il cielo mentre egli se ne andava, quand’ecco due uomini in bianche vesti si presentarono a loro e dissero: «Uomini di Galilea, perché state a guardare il cielo? Questo Gesù, che di mezzo a voi è stato assunto in cielo, verrà allo stesso modo in cui l’avete visto andare in cielo»” (Atti 1,10-11).

Ho appena finito di celebrare l’ultima messa della Domenica dell’Ascensione ed esco dalla chiesa parrocchiale con l’immagine dei discepoli che stanno a fissare il cielo e gli uomini in bianche vesti che li rassicurano. È una rassicurazione che li rimette in pista: bisogna partire per annunciare il Risorto a ogni creatura. E bisognerà fare la strada imparando a comprendere con lo sguardo la terra, il cielo e tutto ciò che sta tra la terra e il cielo!

Per questo, nella preparazione dei battesimi mi piace ricordare ai genitori che educare alla fede i propri figli non significa soltanto insegnare le preghiere; educare alla fede è insegnare ai figli che Dio è Padre nostro, che a Dio piace camminare col suo popolo, che Dio ha misericordia del suo popolo e non lo abbandona mai, perché Dio è fedele per sempre. Si insegna la fede non disperando mai.

I piccoli hanno bisogno di sentirsi accompagnati, di sapere che Dio li ama e gioisce nel vederli vivere!

Insegnare agli ignoranti è l’opera di chi ha incontrato Dio e continua a conoscerlo giorno dopo giorno; è l’opera di misericordia del credente che vuole condividere con tutti il tesoro della fede.

Oggi sono tante le persone che vediamo ferme a fissare la terra, ripiegate su se stesse e affaticate dalle cose da fare, ma ancora di più sono quelle che vediamo oppresse dalla sensazione di essere sole e di non potercela fare. Sono tante le persone che cercano da noi cristiani un buon motivo per alzare lo sguardo, per tornare a far festa. Sono tante quelle che non sanno di avere un Padre celeste.

Per questo le folle seguono Gesù: c’è una speranza nuova nelle sue parole, c’è uno stile nuovo nelle sue opere. Penso alla sconvolgente novità delle Beatitudini e alla pace che mi comunica ogni volta la lettura di Mt 6,25-34:

«Perciò io vi dico: non preoccupatevi per la vostra vita, di quello che mangerete o berrete, né per il vostro corpo, di quello che indosserete; la vita non vale forse più del cibo e il corpo più del vestito? Guardate gli uccelli del cielo: non seminano e non mietono, né raccolgono nei granai; eppure il Padre vostro celeste li nutre. Non valete forse più di loro? E chi di voi, per quanto si preoccupi, può allungare anche di poco la propria vita? E per il vestito, perché vi preoccupate? Osservate come crescono i gigli del campo: non faticano e non filano. Eppure io vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro. Ora, se Dio veste così l’erba del campo, che oggi c’è e domani si getta nel forno, non farà molto di più per voi, gente di poca fede? Non preoccupatevi dunque dicendo: “Che cosa mangeremo? Che cosa berremo? Che cosa indosseremo?”. Di tutte queste cose vanno in cerca i pagani. Il Padre vostro celeste, infatti, sa che ne avete bisogno. Cercate invece, anzitutto, il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta. Non preoccupatevi, dunque del domani, perché il domani si preoccuperà di se stesso. A ciascun giorno basta la sua pena».

Soprattutto mi dona pace ascoltare il versetto 32: «Il Padre vostro celeste, infatti, sa che ne avete bisogno».

Il Padre vostro sa.
Ho un Padre celeste che sa quali sono le mie necessità.
Aver fede in questa Parola di Gesù, cambierebbe tutto!
Se nei miei ragionamenti mi ricordassi di avere un Padre celeste che sa, sarebbe tutto diverso: la vita in cui sono immerso qui su questa terra, la polvere alzata dal mio camminare, tanti affanni per cose di poco conto,… non uscirebbero dal mio campo visivo, ma neppure lo occuperebbero totalmente!

Tra la terra e il cielo si muove lo sguardo di un cristiano e la sua preghiera non è una vuota astrazione, ma un continuo raccontare della terra al cielo e del cielo alla terra!

Prima di arrivare a fissare il cielo, i tuoi occhi potrebbero incontrare quelli di un altro. Allora, non affrettarti a distogliere da lui il tuo sguardo: è la cura che hai per il fratello che vedi a significare e testimoniare il tuo amore verso Dio, che non vedi (cfr. 1Gv 4,19-21).

don Gian Luca Rosati

venerdì 8 settembre 2017

Non temere

L’esposizione eucaristica è avvenuta da qualche minuto e mi avvicino all’ambone per iniziare la preghiera. Il lezionario è aperto e il Vangelo del giorno mi sta davanti. Nel silenzio scorro il testo con gli occhi e mi fermo su un versetto che sembra messo lì per l’occasione: «Al vedere questo, Simon Pietro si gettò alle ginocchia di Gesù, dicendo: “Signore, allontanati da me, perché sono un peccatore”» (Lc 5, 8).

Anch’io adesso sono davanti al Signore.
Anch’io, se sono sincero, devo fare mie le parole di Simon Pietro: «Signore, allontanati da me, perché sono un peccatore».
Anch’io con Simon Pietro adesso sono pronto ad ascoltare la risposta di Gesù: «Non temere; d’ora in poi sarai pescatore di uomini» (Lc 5, 10).

Ed è come se Gesù mi dicesse: so chi sei, so che sei un peccatore, ma offro la mia vita per te, ti chiamo a stare con me, sono seduto sulla tua barca, non ho paura di stare vicino a te.

Ieri sera, Signore, era necessario per tutti noi incontrarti!

Era necessario vederti salire sulla nostra barca!

Era necessario che fossi proprio Tu a chiederci di scostarci un poco da terra (cfr. Lc 5, 3). Non lo avremmo fatto se ce lo avesse chiesto un altro: la notte era durata troppo tempo e le reti erano vuote e i nostri cuori erano affannati per la fatica di una lunga veglia.

Ieri sera, Signore, era necessario per tutti noi ascoltare quel non temere detto con amore a squarciare, finalmente, le tenebre del dubbio di non essere amati, di non essere all’altezza, di non essere buoni a stare con te, di non riuscire a trovarti, a vederti, a seguirti, ad amarti.

Ora, Signore, aiutaci a metterci in cammino per annunciarti vivo e presente in mezzo a noi! [dGL]