lunedì 30 dicembre 2013

Chiedo la fede

Busso al cielo
chiedo la fede
ma non quella con il pianto sulla spalla
quella che conta le stelle e non vede la gallina
quella che come la farfalla dura un giorno
ma
quella sempre fresca perché infinita
quella che corre come un agnello dietro alla madre
non capisce ma comprende
tra le parole sceglie le più piccoline
non possiede una risposta a tutto
e non va a gambe all’aria
se a qualcuno prende un colpo [J. Twardowski, Affrettiamoci ad amare, Marietti]

mercoledì 25 dicembre 2013

Un figlio

«Hai moltiplicato la gioia, hai aumentato la letizia.
Gioiscono davanti a te… […]
Perché un bambino è nato per noi, ci è stato dato un figlio» (Is 9,2.5).

Questa è una notte di gioia moltiplicata perché un bambino che nasce è novità, è canto nuovo, è festa non solo per chi lo attende (per la sua famiglia) ma per la comunità, per il paese, per tutti gli uomini, per tutto il creato: «Gioiscano i cieli, esulti la terra, risuoni il mare e quanto racchiude; sia in festa la campagna e quanto contiene, acclamino tutti gli alberi della foresta davanti al Signore che viene…» (Salmo 95,11-13).

«… ci è stato dato un figlio» (Is 9,5)
… perché guardandolo e prendendolo tra le nostre braccia, noi siamo mossi alla tenerezza, a una cura amorevole che ci coinvolge nell’intimo prendendoci il cuore e così, pian piano, impariamo a essere gli uni per gli altri padri e madri.

«… ci è stato dato un figlio» (Is 9,5)
… perché accogliendolo, noi possiamo diventare figli di Dio (Gv 1,12), figli amati che desiderano somigliare al loro Padre vivendo la gioia dell’amore!

«… ci è stato dato un figlio» (Is 9,5)
… perché incontrandolo, noi troviamo uno che ci accoglie, ci comprende, ci consola, ci guarisce, ci rialza, ci accompagna, ci rinnova, ci perdona, ci benedice, fissa su di noi il suo sguardo e ci ama.

«… ci è stato dato un figlio» (Is 9,5)
… perché seguendolo, a noi riveli la sua identità, il suo nome.
Consigliere mirabile: Egli mi educa; è il mio maestro.
Dio potente: a Lui tutto è possibile; Egli vince il peccato, vince la morte.
Padre per sempre: Egli provvede a me in ogni circostanza.
Principe della pace: Egli è la nostra pace (Ef 2,14).

«… ci è stato dato un figlio» (Is 9,5)
… perché nella nostra notte, l’annuncio di «una grande gioia che sarà di tutto il popolo» (Lc 2,10) faccia scomparire ogni paura di Dio, ogni ansia per il futuro. Tutto, infatti, è nelle mani di Dio e a noi è stata donata per bocca degli Angeli questa luminosa verità: «Gloria a Dio nel più alto dei cieli e sulla terra pace agli uomini, che egli ama» (Lc 2,14). [dGL]

giovedì 19 dicembre 2013

Natale

Gesù viene.
E con Lui viene la gioia.
Se lo vuoi ti è vicino;
anche se non lo vuoi, ti è vicino.
Ti parla anche se non gli parli;
se non lo ami egli ti ama ancor di più.
Se ti perdi, viene a cercarti;
se non sai camminare, ti porta.
Se tu piangi, sei beato perché Lui ti consola.
Se sei povero, hai assicurato il Regno dei cieli.
Così entra nel mondo la gioia.
Attraverso un bambino che non ha niente. [don Primo Mazzolari]

venerdì 13 dicembre 2013

Povertà

Povertà
è aver bisogno, fare i conti con il proprio non bastare a se stessi, con il limite, la fragilità, le proprie attese deluse, l’incapacità di rispondere a tutte le domande,…

Povertà cristiana
è vivere tutto questo in semplicità di cuore, confidando nella paternità di Dio, senza più paura, sospetto, scoraggiamento.

Povertà cristiana
è aver sempre desiderio di star con Te, Signore. [dGL]

giovedì 12 dicembre 2013

Il sì accogliente

Gesù non mise l’accento sul NO,
ma sul .

Perché il rifiuto nei confronti dell’ALTRO è all’ordine del giorno,
l’accoglienza, invece, è sorpresa, sorriso, via nuova, porta aperta, 
vita che nasce ed è per sempre, storia che continua, cuore che si allarga.

Il NO appesantisce, rabbuia, intristisce, sbarra, chiude,… [dGL]

martedì 10 dicembre 2013

Cose di paese…

Perché tu non vieni insieme a noi,
in paese fra la gente insieme a noi?
In quella cascina, così solo cosa fai?
La domenica la messa finalmente sentirai!

No non mi va, preferisco restare qui;
ho la vacca ed il maiale, non li posso abbandonar così!
Pompar l'acqua dal canale, poco fieno nel fienile: troppo da fare!
Prepararmi da mangiare, un'occhiata sempre all'orto;
quando è sera stanco morto, mi diverto solamente a dormire.

Sì, ma non è vita questa qua!
Se ti compri il vestito della festa,
chissà, potresti anche far girar la testa.
E se poi non ci riesci,
appena fuori dal paese c'è la giostra.

No non mi va, preferisco restare qua;
io in paese, ci ho vissuto già qualche mese.
Se di notte fai un passo,
con la lingua che è un coltello,
ti tagliano gli abiti addosso;
e se parli a una ragazza che è già stata fidanzata,
loro ti mettono due timbri: ruffiano e prostituta
e se qualcuno non difende i suoi interessi con le unghie e con i denti,
è degradato ad ultimo dei fessi,
per non dir degli impotenti.

Avrai anche un dancing per ballare!
E poi, un biliardo per giocare!
Avrai un'osteria dove tu puoi bere,
e poi il televisore da guardare!
Potrai, anche peccare se lo vuoi!

No non mi va, molto meglio restare qua;
non voglio entrare in mezzo all'invidia e la perfidia,
non voglio stare a duellar fra gelosie sporche dicerie
e bigottume delle dolci e care figlie di Maria
e la politica del curato contro quella della giunta
tutti lì a vedere chi la spunta.
E sorrisi e compromessi e fognature dentro i fossi!
No no, io non ci sto,
no no, io non ci sto!
Io non posso parlare solo di calcio e di donne,
di membri lunghi tre spanne, non posso parlare
di tutte le corna del droghiere
e dell'ulcera duodenale del padre del salumiere
non posso parlare

Potrai un giorno avere anche dei figli!

Per poi farli diventar così? 
Preferisco allevar vitelli e conigli!

[Lucio Battisti, Le allettanti promesse]

sabato 7 dicembre 2013

La provvidenza

Quando ti portano via ciò che possiedi, tu dallo, perché l’amore di Dio non può opporre un rifiuto. Ma chi non ha conosciuto l’amore di Dio non può essere misericordioso, perché non ha la gioia dello Spirito santo nell’anima sua.

Se il Signore che è misericordioso ha sofferto per dare a noi sulla terra lo Spirito santo che viene dal Padre, e se ci ha dato il suo Corpo e il suo Sangue, allora è evidente che anche tutte le altre cose di cui abbiamo bisogno ce le darà Lui. Rimettiamoci alla volontà di Dio, e vedremo la sua provvidenza, e il Signore ci darà anche quello che non ci aspetteremmo.

Non affliggiamoci per la perdita dei beni materiali: è un fatto senza importanza. L’ho imparato dal mio padre secondo la carne. Quando accadeva qualche contrarietà in casa, egli restava tranquillo. Dopo l’incendio gli dicevano, compassionandolo: «Ti è bruciato tutto, Ivan Petrovic». E lui rispondeva: «Il Signore farà in modo che le cose si rimettano a posto». Una volta passavamo vicino al nostro campo, e io gli dissi: «Guarda, ci rubano i covoni». E lui mi rispose: «Eh, figliolo mio, il Signore ci ha dato abbastanza pane e se costui sta rubando significa che ne ha bisogno». Un’altra volta gli dissi: «Tu fai molte elemosine. Ma altri, che vivono meglio di noi, danno di meno». Ma egli rispose: «Eh, figliolo mio, il Signore ci darà il necessario». E il Signore non ha mai deluso la sua speranza. [Silvano del Monte Athos, Ho sete di Dio, Gribaudi 2007]

lunedì 2 dicembre 2013

La misericordia

… «Beati i poveri in spirito» (Mt 5,3; cf. Lc 6,20). Qui i poveri non sono solo gli economicamente e socialmente poveri, ma anche tutti coloro che hanno il cuore affranto, gli scoraggiati e i disperati, tutti coloro che stanno davanti a Dio come dei mendicanti. Gesù si rivolge a tutti coloro che devono portare dei pesanti fardelli: «Venite a me voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me che sono mite e umile di cuore» (Mt 11,28s.).

Egli non ha solo predicato il messaggio della misericordia del Padre, ma l’ha anche vissuto. Visse quanto predicò. Si prese cura dei malati e dei tormentati da spiriti maligni e poté dire di sé: «Sono mite e umile di cuore» (Mt 11,29). Prova compassione, quando incontra un lebbroso (Mc 1,41) o vede il dolore di una madre che ha perso il suo unico figlio (Lc 7,13). Ha compassione dei molti malati (Mt 14,14), del popolo affamato (Mt 15,32), dei due ciechi che lo pregano di aver pietà di loro (Mt 20,34), degli uomini che sono come pecore senza pastore (Mc 6,34). Si commuove profondamente e piange davanti al sepolcro del suo amico Lazzaro (Gv 11,35.38). Nel grande discorso del giudizio universale si identifica con poveri, affamati, miseri e perseguitati (Mt 25,31-46). Di continuo incontra uomini che invocano «Abbi pietà di me» o «Abbi pietà di noi» (Mt 9,27; Mc 10,47s. ecc.). Perfino sulla croce perdonò il ladrone pentito e pregò per coloro che lo avevano crocifisso (Lc 23,34.43).

La novità del suo messaggio rispetto all’Antico Testamento sta nel fatto che egli predica la misericordia di Dio in maniera definitiva e per tutti. Non solo a pochi giusti, ma a tutti egli dischiude la via di accesso a Dio, per tutti c’è posto nel regno di Dio, nessuno è escluso. [W. Kasper, Misericordia, Queriniana]

domenica 1 dicembre 2013

Avvento

Un tempo
per cercare il Tuo volto,
il Tuo vedere senza giudizio,
il Tuo guardare pieno d’amore.
Perché il giudizio taglia e secca,
l’amore pota e fa vivere.

Un tempo
per rinvigorire la speranza fondandola su Te che sei il Signore!

Un tempo
per stare alla Tua luce che illumina ogni uomo, ogni cuore
disperdendo le tenebre del peccato e della morte.

Un tempo
per allargare il cuore e fare spazio
perché Tu possa trovarvi posto e con Te tutti i fratelli,
ogni altro che busserà alla porta.

Buon Avvento! [dGL]

sabato 30 novembre 2013

La religione cristiana

È una delle facoltà singolari e incomunicabili della religione cristiana, il poter indirizzare e consolare chiunque, in qualsivoglia congiuntura, a qualsivoglia termine, ricorra ad essa. Se al passato c’è rimedio, essa lo prescrive, lo somministra, dà lume e vigore per metterlo in opera, a qualunque costo; se non c’è, essa dà il modo di far realmente e in effetto, ciò che si dice in proverbio, di necessità virtù. Insegna a continuare con sapienza ciò ch’è stato intrapreso per leggerezza; piega l’animo ad abbracciar con propensione ciò che è stato imposto dalla prepotenza, e dà a una scelta che fu temeraria, ma che è irrevocabile, tutta la santità, tutta la saviezza, diciamolo pure francamente, tutte le gioie della vocazione. È una strada così fatta che, da qualunque laberinto, da qualunque precipizio, l’uomo capiti ad essa, e vi faccia un passo, può d’allora in poi camminare con sicurezza e di buona voglia, e arrivar lietamente a un lieto fine. [A. Manzoni, I Promessi sposi, Capitolo decimo]

venerdì 29 novembre 2013

Doni dello Spirito Santo

Lo Spirito di Dio guida ognuno in modo differente: l’uno trova pace nella solitudine; nel deserto l’altro prega per gli uomini; un altro è stato chiamato a pascolare il gregge di Cristo; ad un altro è stato dato di predicare o di consolare gli afflitti; un altro serve il prossimo con le sue forze e fatiche e le sue sostanze; e tutti questi sono doni dello Spirito Santo, accordati a ognuno in gradi differenti: ad uno trenta, all’altro sessanta, ad alcuni cento (cfr. Mc 4,20).
Se ci amassimo gli uni gli altri in semplicità di cuore, il Signore, per mezzo dello Spirito Santo, ci mostrerebbe molti miracoli e ci rivelerebbe grandi misteri. [Silvano del Monte Athos, Ho sete di Dio, Gribaudi 2007]

giovedì 28 novembre 2013

Se saremo agnelli…

Finché saremo agnelli, vinceremo e, anche se saremo circondati da numerosi lupi, riusciremo a superarli. Ma se diventeremo lupi, saremo sconfitti, perché saremo privi dell’aiuto del pastore. Egli non pasce lupi, ma agnelli. Per questo se ne andrà e ti lascerà solo, perché gli impedisci di manifestare la sua potenza.

È come se Cristo avesse detto: Non turbatevi per il fatto che, mandandovi tra i lupi, io vi ordino di essere come agnelli e colombe. Avrei potuto dirvi il contrario e risparmiarvi ogni sofferenza, impedirvi di essere esposti come agnelli ai lupi e rendervi più forti dei leoni. Ma è necessario che avvenga così, poiché questo vi rende più gloriosi e manifesta la mia potenza. La stessa cosa diceva a Paolo: «Ti basta la mia grazia, perché la mia potenza si manifesti pienamente nella debolezza» (2Cor 12,9). Sono io dunque che vi ho voluti così miti.

Per questo quando dice: «Vi mando come agnelli» (Lc 10,3), vuol far capire che non devono abbattersi, perché sa bene che con la loro mansuetudine saranno invincibili per tutti.

E volendo poi che i suoi discepoli agiscano spontaneamente, per non sembrare che tutto derivi dalla grazia e non credere di esser premiati senza alcun motivo, aggiunge: «Siate dunque prudenti come serpenti e semplici come colombe» (Mt 10,16). Ma cosa può fare la nostra prudenza, ci potrebbero obiettare, in mezzo a tanti pericoli? Come potremo essere prudenti, quando siamo sbattuti da tante tempeste? Cosa potrà fare un agnello con la prudenza quando viene circondato da lupi feroci? Per quanto grande sia la semplicità di una colomba, a che le gioverà quando sarà aggredita dagli avvoltoi? Certo, a quegli animali non serve, ma a voi gioverà moltissimo.

E vediamo che genere di prudenza richieda: quella «del serpente». Come il serpente abbandona tutto, anche il corpo, e non si oppone pur di risparmiare il capo, così anche tu, pur di salvare la fede, abbandona tutto, i beni, il corpo e la stessa vita.

La fede è come il capo e la radice. Conservando questa, anche se perderai tutto, riconquisterai ogni cosa con maggiore abbondanza. Ecco perché non ordina di essere solamente semplici o solamente prudenti, ma unisce queste due qualità, in modo che diventino virtù. Esige la prudenza del serpente, perché tu non riceva delle ferite mortali, e la semplicità della colomba, perché non ti vendichi di chi ti ingiuria e non allontani con la vendetta coloro che ti tendono insidie. A nulla giova la prudenza senza la semplicità.

Nessuno pensi che questi comandamenti non si possano praticare. Cristo conosce meglio di ogni altro la natura delle cose. Sa bene che la violenza non si arrende alla violenza, ma alla mansuetudine. [Dalle Omelie sul vangelo di Matteo di san Giovanni Crisostomo, Liturgia delle ore – Ufficio delle letture]

mercoledì 27 novembre 2013

Il brigante e il Bambino

Una tradizione narra che durante la fuga in Egitto la sacra Famiglia si imbatté lungo la strada in un brigante; ma costui non fece loro alcun male. Quando vide il Bambino, disse che, se Dio si fosse incarnato, non avrebbe potuto essere più bello di quel Bambino; e li lasciò andare in pace. È una cosa stupefacente: un predone, che come una belva non ha pietà di nessuno, non aggredì né fece del male alla sacra Famiglia. L’anima del brigante, quando vide il Bambino e la sua umile Madre, fu commossa e la grazia di Dio lo toccò.

Lo stesso accadeva alle belve feroci che alla vista dei martiri o dei santi si ammansivano e non facevano loro alcun male. Ma anche i demoni temono l’anima umile, che con l’obbedienza, la temperanza e la preghiera li sconfigge.

Ed ecco un altro fatto strano: il brigante ebbe pietà del Bambino-Signore, ma i capi dei sacerdoti e gli anziani lo consegnarono a Pilato perché fosse crocifisso. Questo, perché non pregavano e non chiedevano consiglio a Dio su come e che cosa dovevano fare.

Così spesso i potenti e gli uomini in genere cercano il bene, ma non sanno dov’è questo bene. Non sanno che esso è in Dio e che da Dio è dato a noi.

È necessario pregare sempre che il Signore ci consigli come e che cosa dobbiamo fare, e il Signore non permetterà che cadiamo in errore. [Silvano del Monte Athos, Ho sete di Dio, Gribaudi 2007]

martedì 26 novembre 2013

Fiducia

L’anima che si è abbandonata alla volontà di Dio resta continuamente in Dio e trova in Lui riposo. E nella sua gioia prega che ogni anima conosca il Signore, quanto Egli ci ami e quanto abbondantemente effonda su di noi lo Spirito Santo il quale rallegra l’anima in Dio. E tutto, tutto allora è gradito al cuore, perché tutto è di Dio. [Silvano del Monte Athos, Ho sete di Dio, Gribaudi 2007]

lunedì 25 novembre 2013

P. P. P. P. (Piovosi pensieri di pastorale parrocchiale)

Piove.

E, forse, se non stesse piovendo, non prenderei la penna per scrivere ma sarei in giro per il paese indaffarato in commissioni mattutine.

Considerata la deriva dei miei pensieri, forse sarebbe stato meglio uscire, ma sentivo il dovere di dare voce a una riflessione personale sulla pastorale parrocchiale. Una pastorale fatta di cose semplici, quotidiane, una pastorale fatta preferibilmente di incontri personali, colloqui, confessioni.

La Domenica al termine della messa, avviso che presto comincerà il corso in preparazione al matrimonio, dico che è importante partecipare al catechismo per la formazione umana e spirituale dei ragazzi e per la preparazione ai sacramenti, ricordo che è opportuno partecipare agli eventi diocesani per ragazzi, giovani, adulti, fidanzati, famiglie, anziani,…

Poi, il Lunedì mi fermo a considerare questa quotidianità, questo ordinario, questo andare a messa tutte le Domeniche che interessa a pochi.

Don, siamo stati all’incontro ed eravamo tanti!
Abbiamo partecipato alla festa e c’era un sacco di gente!
Siamo andati in gita e abbiamo riempito due pullman!
Il pellegrinaggio è stato bellissimo e non vediamo l’ora di ripartire!

Già, ripartire

Un evento, una festa, un ritiro, una gita, un pellegrinaggio non sono la vita di tutti i giorni. Ne fanno parte, la ravvivano, la rendono più entusiasmante, simpatica, divertente,… ma non sono il quotidiano. Quel quotidiano caratterizzato dalla fedeltà a piccole cose che si ripetono così da una vita e non hanno niente di eccezionale, entusiasmante, divertente, rivoluzionario,…

Quel quotidiano che è la nostra vita: la sveglia che suona ogni mattina, il lavoro, lo studio, il gioco, la musica, il teatro, il riposo, l’assistenza agli anziani o agli ammalati, l’amicizia, il rispetto dei genitori, l’amore al prossimo, le relazioni, le telefonate, le strette di mano, i sorrisi, la preghiera, la messa feriale, quella domenicale,… le ore, i giorni, i mesi, gli anni.

È in questo ordinario che, come prete, vorrei accompagnare la gente, i fratelli, ogni uomo. In questo ordinario vorrei entrare per evangelizzare e per essere amico, fratello, padre.

Non amo gli eventi di massa se in essi non è possibile offrire una reale occasione di incontro personale, di confronto a piccoli gruppi, di dialogo.

Non sono i numeri a segnare il successo di un evento cristiano, ma l’aver reso possibile l’incontro con il Signore, Colui che ciascuno di noi desidera vedere (Gv 12,20-21: «Tra quelli che erano saliti per il culto durante la festa c’erano anche alcuni Greci. Questi si avvicinarono a Filippo, che era di Betsàida di Galilea, e gli domandarono: Signore, vogliamo vedere Gesù»).

Un evento può essere l’inizio di un cammino, ma non può essere un’esperienza unica nel suo genere. Altrimenti, tornando a casa, l’entusiasmo cede il posto alla nostalgia, alla malinconia e alla noia per la solita vita.

Com’è bello, invece, soffermarsi quotidianamente sul Vangelo, ragionarci un po’ insieme ai fratelli e lasciare che ciascuno con semplicità e libertà possa condividere intuizioni, sfumature e parole che più lo hanno toccato!

Com’è bello lasciare che il Signore passeggi per le nostre vie, ci accompagni non solo quando procediamo in ginocchio o a piedi scalzi, quando digiuniamo o facciamo penitenze, ma anche quando camminiamo leggeri!

Com’è bello lasciare che il Signore sia con noi nelle cose di ogni giorno, ci aiuti a santificare il quotidiano e a riconoscerlo presente nell’oggi che viviamo! [dGL]

domenica 24 novembre 2013

Se il ladrone...

Se il ladrone non fosse stato crocifisso...
... forse non avrebbe mai incontrato Gesù, forse non sarebbe diventato il buon ladrone, forse non si sarebbe salvato...
... magari avrebbe anche continuato la sua attività di malfattore per lungo tempo...

Mentre rileggo il Vangelo di questa domenica di Cristo Re, mi lascio trasportare dai pensieri. Quella croce per uno dei due ladroni è occasione di incontro con Gesù, occasione per lasciarsi salvare dalla Sua misericordia.

Penso alle nostre croci, quelle che normalmente fuggiamo: a nessuno piace andare in croce, nessuno vuole soffrire, tutti desideriamo stare bene ed evitare la sofferenza e il dolore.

Nella vita, però ci sono delle croci che non possiamo evitare. Il ladrone del Vangelo non può evitare la crocifissione; è stato condannato e per lui ormai non c’è via di scampo. Gli resta solo un po’ di tempo, davvero poco tempo,...

Non è la croce in sé a salvarlo. A fargli guadagnare il paradiso è, invece, la sua fede in Gesù. La croce, quella croce che fa bestemmiare il suo compagno, quella croce che è occasione di derisione per i capi dei giudei e per i soldati romani, è per il buon ladrone luogo di incontro con Dio. Egli, infatti, si accorge che al suo fianco c’è Dio e non un Dio indifferente, ma un Dio che è condannato alla sua stessa pena (Lc 23,40).

Dio è lì con lui e, come lui, è inchiodato su una croce!

Fissare lo sguardo su Gesù e vederlo capace di amore e di perdono (Lc 23,34) anche in quell’ora così estrema, gli fa pronunciare una bellissima preghiera di affidamento: «Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno» (Lc 23,42). Ormai gli resta poco da vivere, non conta più il giudizio degli uomini, il successo, la forza, la furbizia, il denaro.

Che Dio si ricordi di lui, questo in quell’ora ha un’importanza vitale.

E Gesù ascolta questa preghiera che viene dal cuore e apre a quell’uomo le porte del paradiso: «In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso» (Lc 23,43). [dGL]

sabato 23 novembre 2013

Venga il tuo regno

«Venga il tuo regno», noi preghiamo, e sia più intenso delle lacrime, e sia più bello dei sogni di chi visse e morì nella notte per costruirlo. Un regno che è di Dio, che è per l’uomo. Ed è come ripetere le parole del ladro pentito.

Pregare ogni giorno: «Venga il tuo regno» significa credere che il mondo cambierà; e non per i segni che riesco a scorgere dentro il groviglio dolente della cronaca, ma perché Dio si è impegnato con la croce.

Dire: «Venga il tuo regno» è affermare che la speranza è più forte dell’evidenza, l’innocenza più forte del male, che il mondo appartiene non a chi lo possiede ma a chi lo rende migliore.

Dire: «Venga il tuo regno» è invocare per noi un amore di una qualità simile a quella del Crocifisso, che muore ostinatamente amando, preoccupandosi di chi gli muore accanto, dimenticandosi di sé.

Il regno di Dio verrà quando nascerà, nel cuore nuovo delle creature, l’ostinazione dell’amore, e quando questa ostinazione avanzerà dalle periferie della storia fino a occupare il centro della città degli uomini. Solo questo capovolgerà la nostra cronaca amara in storia finalmente sacra.

[p. Ermes Ronchi, Respirare Cristo. Commento ai vangeli festivi. Anno C]

venerdì 22 novembre 2013

Preghiera e azione

«Se il Signore non costruisce la casa,
invano si affaticano i costruttori.» (Sal 127,1).

Affannarsi e affrettarsi per fare cose, risolvere problemi, pianificare tutto,… e poi, alla fine di una giornata faticosa, trovarsi a considerare vittorie e sconfitte, fallimenti e successi, guadagni e perdite alla luce di un salmo (127) che saggiamente ci ridimensiona ma, allo stesso tempo, ci rasserena.

Ci ridimensiona perché a volte dimentichiamo di essere uomini e viviamo i nostri giorni come se tutto dipendesse da noi, come se fossimo onnipotenti. E questo, se a prima vista ci può sembrare un bene, in realtà è causa di una continua inquietudine; desideriamo avere il controllo di ogni situazione e quando, inevitabilmente, qualcosa ci sfugge di mano, rimaniamo sconvolti e bloccati da una paura che appare invincibile.

Ci rasserena, invece, confrontarci con i nostri limiti, accettare pacificamente la nostra condizione umana e da cristiani riconoscere la paternità di Dio e aver fede nel Suo amore per ciascuno di noi (Mt 6,7-13)!

L’agire di noi cristiani, infatti, deve scaturire dalla nostra amicizia con Dio, dall’ascolto della Sua Parola, dalla preghiera e dall’incontro con Lui nell’Eucaristia, negli altri Sacramenti e nel nostro prossimo (Lc 10,25-42).

Noi cristiani non dovremmo avere difficoltà a riconoscere che senza Dio non possiamo fare nulla (Gv 15,5)! Così la vita sarà per noi una continua occasione per testimoniare l’amore di Dio e il nostro vivere per Lui. [dGL]

giovedì 21 novembre 2013

Preghiera

Dio misericordioso, Tu conosci la nostra fragilità. Io ti domando di darmi uno spirito umile, poiché nella Tua misericordia, Tu doni all’anima umile la forza di vivere secondo la Tua volontà. Tu le riveli tutti i tuoi misteri, Tu le doni di conoscerTi e di comprendere di quale infinito amore Tu ci ami. [Silvano del Monte Athos, Ho sete di Dio, Gribaudi 2007]

mercoledì 20 novembre 2013

La via più breve

Ecco la via più breve e facile per giungere alla salvezza: «Sii obbediente, sobrio, non giudicare e preserva la mente e il cuore dai cattivi pensieri». Pensa che tutti gli uomini sono buoni e che il Signore li ama. Per questi pensieri umili la grazia dello Spirito Santo abiterà nel tuo cuore, e tu dirai: «Misericordioso è il Signore!». Se invece giudicherai gli altri e sarai maldicente, se vorrai fare la tua volontà, allora, anche se preghi molto, la tua anima si impoverirà e dirai: «Il Signore mi ha abbandonato!». Ma non è il Signore che ti ha abbandonato: sei tu che hai deviato dal cammino dell’umiltà e quindi la grazia di Dio non rimane nella tua anima. La Madre di Dio fu «la più umile di tutti gli uomini che sono sulla terra» e per questo è glorificata in cielo e sulla terra. E anche ogni uomo che si umilia sarà glorificato da Dio e vedrà la gloria del Signore. [Silvano del Monte Athos, Ho sete di Dio, Gribaudi 2007]

martedì 19 novembre 2013

La fedeltà del prete

Nel cuore dello scorso inverno, il piccolo giardino dell’episcopio di Campobasso, città piuttosto freddina perché posta a 700 metri sul livello del mare, era sommerso di neve. Ma in un angoletto, meglio soleggiato, la timida forza del sole aveva teneramente fatto germogliare una fragile ma verdissima pianticella di viole. Raccolgo una violetta profumatissima e la porto a mia madre inferma. Dagli occhi suoi, di donna che ha sempre vissuto nella campagna tra i monti del Trentino, in Val di Non, quel gesto si fa speranza straordinaria nell’affrontare una brutta caduta che la teneva inferma a novant’anni. Ecco, la fedeltà del prete è come quella violetta spuntata nel cuore dell’inverno. Quando tutto attorno sembra gelido, spento, arido… quando la fatica è grande e sei circondato anche dalla ingratitudine o sei attaccato ingiustamente… proprio allora la tua fedeltà si fa violetta fra i ghiacci. [G. Bregantini, Lettera ai sacerdoti, Paoline 2010]

lunedì 18 novembre 2013

Che io Ti veda!

«Che cosa vuoi che io faccia per te?» (Lc 18,41).

La domanda di Gesù al cieco sulla strada per Gerico risuona oggi per me.
Passa Gesù il Nazareno e si ferma per ascoltarmi.
È un’occasione da non perdere; ma che cosa chiedere?

«Signore, che io veda di nuovo!» (Lc 18,41), che io abbia occhi per vederti presente nella storia dell’uomo, nella mia storia!
Perché altrimenti non riesco a muovermi, non posso camminare, non posso seguirti!

E allora, Signore, che io veda di nuovo!
Che io Ti veda per fissare bene in me il Tuo volto e, facendone continua memoria, non perderti più! [dGL]

domenica 17 novembre 2013

Noi sulla via del Signore…

«Ma prima di tutto questo metteranno le mani su di voi e vi perseguiteranno, consegnandovi alle sinagoghe e alle prigioni, trascinandovi davanti a re e governatori, a causa del mio nome. Avrete allora occasione di dare testimonianza» (Lc 21,12-13).

Ascoltando il Vangelo di oggi, mi sono soffermato su questi due versetti in cui Gesù ci dice che cammineremo sulla Sua stessa strada condividendo la Sua vita.

Metteranno le mani su di noi,
come le misero su di Lui nell’orto degli Ulivi (Lc 22,54);
ci consegneranno alle sinagoghe e alle prigioni,
come condussero Lui davanti al sinedrio per essere giudicato (Lc 22,66);
ci trascineranno davanti a re e governatori,
come condussero Lui davanti al re Erode e al governatore Ponzio Pilato (Lc 23,1-12).

Infine, come Lui avremo occasione di dare testimonianza;
testimonianza di un amore fino alla fine (Gv 13,1), fino al dono totale della Sua vita per la nostra salvezza;
testimonianza di obbedienza al Padre: «non sia fatta la mia, ma la tua volontà» (Lc 22,42);
testimonianza di fiducia nel Padre anche nel momento della morte in croce: «Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito» (Lc 23,46).

Signore, concedici di camminare con fede, speranza e carità sulla Tua via, la via del Vangelo! [dGL]

sabato 16 novembre 2013

Mondo piccolo

«Don Camillo, l’arciprete di Ponteratto, era un gran brav’uomo. Però uno di quei tipi che non hanno peli sulla lingua e, la volta che in paese era successo…»(Guareschi, don Camillo).

Qualcuno nei giorni passati ha paragonato la vicenda del monastero delle Passioniste di Ripatransone a un racconto di Guareschi. L’accostamento mi ha fatto sorridere, perché don Camillo è stato un mio compagno di viaggio fin da bambino.

Vivendo in prima persona gli eventi, però, ho dovuto prendere atto con rammarico che la vicenda del monastero non somiglia alle storie di Guareschi e non solo perché nel nostro caso don Camillo e Peppone stavano lavorando fianco a fianco per raggiungere lo stesso obiettivo!

Non siamo dentro una storia di Guareschi perché forse quelle storie non corrispondono più alla realtà che viviamo.

In un racconto di Guareschi, probabilmente, le monache, salite buone buone su un’auto mandata dal monastero di Tarquinia, in realtà non si sarebbero mosse da Ripa perché l’auto appena revisionata avrebbe avuto problemi ad accendersi e nessun meccanico del paese sarebbe stato disponibile a ripararla.

E in fondo era bene che la storia finisse così, perché una conclusione di questo tipo avrebbe pacificato gli animi più accesi e indignati, proprio come siamo tranquilli noi dopo aver visto un film di don Camillo con gli indimenticabili Fernandel e Gino Cervi!

Un finale alla don Camillo ci avrebbe lasciati sereni; infatti ci rasserena vedere che oggi vincono ancora i buoni sentimenti e la sincerità, ci rassicura sapere che i semplici sono ascoltati e amati, ci migliora toccare con mano che l’economia non conta più niente, quando c’è in gioco la vita di uomini e donne di carne, ci fa bene ritrovarci uniti e solidali a difendere un pezzetto della nostra storia, del nostro paese,…

Le monache sono rimaste a Ripatransone grazie all’intervento del Vescovo, ma la tensione c’è ancora perché la sospensione dell’ordine di trasferimento non è definitiva.

La realtà è diversa da un racconto o da un film, ma questo non ci impedisce oggi di guardare con fede quanto sta accadendo e continuare a sperare in un mondo nuovo! [dGL]

sabato 2 novembre 2013

Preghiera...

Dacci oggi il nostro pane quotidiano... 
Solo quel pane che basta per oggi. 
Così domani torneremo a pregare 
e non cominceremo a pensare di bastare a noi stessi! [dGL]

lunedì 28 ottobre 2013

Miracolo al tempio (ripensando a Lc 18,9-14)

Finita la sua preghiera, il fariseo s’incamminò verso l’uscita.
Passando accanto al pubblicano, si fermò a guardarlo mentre pregava.

E finalmente lo vide.

Non lo aveva visto prima, mentre insieme salivano al tempio, né lo aveva visto durante la preghiera. «Che cosa c’è tra me e questo pubblicano?», aveva pensato varcando la soglia del tempio.

Ora lo vide: era un uomo come lui, uno che cercava Dio.
Indubbiamente, lo cercava per vie e con modi diversi dai suoi, ma con il suo stesso desiderio di vedere, di incontrare quel volto.

In quel momento accadde il miracolo; il fariseo si avvicinò al pubblicano e pronunciò parole inaspettate ma sicuramente ispirate da Dio: «Fratello mio, insegnami a pregare». [dGL]

lunedì 21 ottobre 2013

Andar per mare...

Avere a disposizione una nave non serve, se manca il coraggio di prendere il largo! [dGL]

martedì 1 ottobre 2013

Zizzania

Non so per quale strano motivo mi si formò in mente questo versetto un po’ del Vangelo e un po’ della mia fantasia: «Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita» (Lc 12, 20) e tutta la zizzania che hai seminato, che fine farà?

Sarà che la morte ci coglie di sorpresa, sarà che tutti rischiamo di essere seminatori di zizzania più che costruttori di unità, lo strano versetto si insediò con prepotenza nella mia testa e non mi lasciò in pace finché non mi presi cura di lui, scrivendo questa breve considerazione!

Seminiamo zizzania inconsapevolmente, senza renderci conto delle conseguenze di parole, giudizi, azioni,… Seminiamo zizzania in buona fede, pensando che sia l’unico modo per far trionfare quello che a noi sembra il bene o la verità,… Seminiamo zizzania in modo sistematico e chirurgico per fare in modo che non si arrivi mai all’unità,… Seminiamo zizzania per invidia del prossimo, del fratello, dell’amico, del conoscente,… Lo prendiamo come un impegno o come una professione e quindi studiamo con attenzione cosa sia meglio fare o dire per raggiungere l’obiettivo della divisione, della distruzione di tutto ciò che sfugge al nostro controllo. E così ci sforziamo, corriamo, spendiamo tante energie, forse addirittura tutta la vita, per distruggere ciò che altri con tenacia e pazienza cercano di costruire.

Ed è qui che ci sorprende la prima parte del versetto, quella evangelica: «Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita» (Lc 12, 20). Forse ci siamo dimenticati che di ogni nostra azione dovremo render conto a chi ci ha affidato il tesoro, a chi ci ha fatto dono della libertà. Anche al seminatore di zizzania verrà richiesta la vita…

… e tutta la zizzania che hai seminato, che fine farà?

Ho trovato la risposta nella parabola raccontata da Gesù nel Vangelo di Matteo (Mt 13, 24-30). La zizzania, purtroppo, è stata seminata da un nemico nello stesso campo in cui il padrone aveva seminato il buon seme e quindi crescerà in mezzo al grano, ma arriverà il momento della mietitura e, allora, con cura i mietitori la separeranno dal grano, la legheranno in fasci e la bruceranno.

La zizzania disorienta, fa arrabbiare, fa soffrire ma non può impedire che il grano cresca, perché l’opera buona è custodita dal Signore.

La zizzania non prevarrà sul grano! [dGL]

sabato 21 settembre 2013

Sguardi ripani

Nelle pieghe del mare,
come in tanti specchi accostati,
la luna regala frammenti d'argento
a chi nella notte sa fermarsi a guardare. [dGL]

venerdì 13 settembre 2013

San Giovanni Crisostomo

Dalle «Omelie» di san Giovanni Crisostomo, vescovo
(Prima dell'esilio, nn. 1-3; PG 52, 427*-430)

Per me il vivere è Cristo e il morire un guadagno.
Molti marosi e minacciose tempeste ci sovrastano, ma non abbiamo paura di essere sommersi, perché siamo fondati sulla roccia. Infuri pure il mare, non potrà sgretolare la roccia. S'innalzino pure le onde, non potranno affondare la navicella di Gesù. Cosa, dunque, dovremmo temere? La morte? «Per me il vivere è Cristo e il morire un guadagno» (Fil 1,21).
Allora l'esilio? «Del Signore è la terra e quanto contiene» (Sal 23,1). La confisca de beni? «Non abbiamo portato nulla in questo mondo e nulla possiamo portarne via» (1Tm 6,7). Disprezzo le potenze di questo mondo e i suoi beni mi fanno ridere. Non temo la povertà, non bramo ricchezze non temo la morte, né desidero vivere, se non per il vostro bene. È per questo motivo che ricordo le vicende attuali e vi prego di non perdere la fiducia.
Non senti il Signore che dice: «Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro»? (Mt 18,20). E non sarà presente là dove si trova un popolo così numeroso, unito dai vincoli della carità? Mi appoggio forse sulle mie forze? No, perché ho il suo pegno, ho con me la sua parola: questa è il mio bastone, la mia sicurezza, il mio porto tranquillo. Anche se tutto il mondo è sconvolto, ho tra le mani la sua Scrittura, leggo la sua parola. Essa è la mia sicurezza e la mia difesa. Egli dice: «lo sono con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo» (Mt 28,20).
Cristo è con me, di chi avrò paura? Anche se si alzano contro di me i cavalloni di tutti i mari o il furore dei principi, tutto questo per me vale di meno di semplici ragnatele. Se la vostra carità non mi avesse trattenuto, non avrei indugiato un istante a partire per altra destinazione oggi stesso. Ripeto sempre: «Signore, sia fatta la tua volontà» (Mt 26,42). Farò quello che vuoi tu, non quello che vuole il tale o il tal altro. Questa è la mia torre, questa la pietra inamovibile, il bastone del mio sicuro appoggio. Se Dio vuole questo, bene! Se vuole ch'io rimanga, lo ringrazio. Dovunque mi vorrà, gli rendo grazie.

Dove sono io, là ci siete anche voi. Dove siete voi, ci sono anch'io. Noi siamo un solo corpo e non si separa il capo dal corpo, né il corpo dal capo. Anche se siamo distanti, siamo uniti dalla carità; anzi neppure la morte ci può separare. Il corpo morrà, l'anima tuttavia vivrà e si ricorderà del popolo. Voi siete i miei concittadini, i miei genitori, i miei fratelli, i miei figli, le mie membra, il mio corpo, la mia luce, più amabile della luce del giorno. Il raggio solare può recarmi qualcosa di più giocondo della vostra carità? Il raggio mi è utile nella vita presente, ma la vostra carità mi intreccia la corona per la vita futura.

martedì 10 settembre 2013

Inizio anno

Il primo giorno di scuola arrivai in anticipo con il mio grembiule bianco ben stirato.

Il segretario della scuola stava leggendo non so che cosa dal podio sistemato all'ingresso. Era un messaggio del preside o del ministro dell'istruzione, o forse di tutti e due...

I miei compagni di classe s'erano già radunati in attesa della campanella.
Si parlava un po’ delle vacanze appena trascorse.

L'arrivo solenne del preside segnò l'inizio del nuovo anno scolastico.
In una calda giornata di settembre, coi bei grembiuli e i colletti inamidati, nella sala conferenze della scuola, sentivamo parlare di progetti, programmazioni, interrogazioni, calendari, libri, incontri formativi, giudizi, esami,...

Parole, voci, esortazioni che tentavano di catturare la mia attenzione...

Invano: gli occhi miei e il cuore correvano fuori da quella stanza...
Seguivano il vento tra gli alberi e le vele, e andavano verso il blu del mare...
Spazi senza limiti si aprivano al mio sguardo.

Continuai a vagare leggero finché trovai pace fissandomi su un Uomo vestito di una veste di un bianco sfolgorante.

Lì mi fermai, finalmente pieno di gioia! [dGL]