sabato 1 ottobre 2011

Lettera ai cresimandi 2011

Mc 4, 1-9
Mc 4, 26-29

«Ecco, il seminatore uscì a seminare» - l’opera del seminatore
«Mentre seminava, una parte...» - il destino di un seme

Cari amici,
siamo ormai arrivati a un passo dal sacramento ed è giusto essere un po’ emozionati, o timorosi, o non sentirsi ancora pronti per riceverlo. Oggi siamo qui per cercare di stabilire qualche punto fermo nel cammino di fede, che dal giorno del Battesimo stiamo vivendo. Vorrei soffermarmi principalmente su due temi: l’opera del seminatore; il destino di un seme.

Il seminatore non è un uomo qualunque, non è uno che prende dei semi e li getta via senza una cura per il seme. E, se ci fate caso, rileggendo la parabola, vi accorgete che il seme non è mai sprecato; anche quello che cade sulla strada e viene mangiato dagli uccelli, serve a qualcosa. È il nutrimento per queste piccole creature di Dio. Il seminatore è un contadino esperto e sa quello che sta facendo; egli getta il seme. Lo pensa proprio per quel terreno e lo getta proprio là.

Dio pensa quel seme proprio per te, qualsiasi terreno tu sia! E quel seme è solo per te: non è anche per Mario, Luigi, Letizia, Beatrice,... Gli altri hanno il loro seme. Quante parole, quante proposte, quante occasioni ogni giorno intercettano la nostra vita!!! Quante meritano di essere colte? Quante ci interessano? Ma soprattutto so subito con certezza cosa scegliere?

Il destino di un seme. Nel primo caso (strada), abbiamo visto che il seme non fa in tempo a germogliare perché gli uccelli lo mangiano.
Negli altri casi, però, c’è sempre un inizio:
«subito germogliò perché il terreno non era profondo…»;
«i rovi… la soffocarono e non diede frutto…»;
«diedero frutto: spuntarono, crebbero…».

Innanzitutto desideriamo fare spazio al seme, creare le giuste condizioni in un clima di fiducia in qualcuno, non solo in Dio ma anche in qualche amico (genitore, padrino/madrina, catechista, prete, suora...) che ci possa aiutare con la sua esperienza di fede a fare discernimento; in un clima di disponibilità ad accogliere quelle che sono proposte, occasioni; in un clima di silenzio che ci permetta di fermarci un momento a considerare il senso di quello che viviamo.

Il destino del seme è raccontato bene da un’altra parabola che troviamo sempre in Mc 4. Si tratta della parabola del seme che spunta da solo. Il seme germoglia per una forza che ha dentro. La Parola di Dio, il Vangelo ha già in sé una forza straordinaria che nessuno può arrestare. Se uno ha fede, essa germoglia e cresce.

Vi racconto in breve la mia storia. Io sono diventato prete per aver ascoltato tre versetti, tre granelli di senape. Il primo è Mc 3, 14: «Ne costituì Dodici – che chiamò apostoli –, perché stessero con lui e per mandarli a predicare»; il secondo è Lc 5, 4: «Quando ebbe finito di parlare, disse a Simone: “Prendi il largo e gettate le vostre reti per la pesca”»; il terzo è Gv 21, 17: «Gli disse per la terza volta: “Simone, figlio di Giovanni, mi vuoi bene?”. Pietro rimase addolorato che per la terza volta gli domandasse: “Mi vuoi bene?”, e gli disse: “Signore, tu conosci tutto; tu sai che ti voglio bene”». Questi granelli di senape, seminati in tempi diversi, sono germogliati nel mio cuore, sono cresciuti e ora sono giovani alberi, bisognosi ancora di cure, ma robusti abbastanza da resistere ai venti. Sono prete perché desidero stare con Gesù e questo mi basta. Sono prete perché Gesù ogni giorno mi chiede di prendere il largo e, anche quando la notte è stata insonne e fallimentare, di avere fiducia nella Sua Parola, che chiama proprio me. Sono prete perché Gesù nelle persone che incontro mi chiede di continuo: «Mi vuoi bene?» e la risposta è quella di Pietro: «Signore, tu conosci tutto; tu sai che ti voglio bene».

Non è essenziale per la nostra vita sapere quale terreno siamo stati, né è essenziale sapere quale terreno vorremmo essere. È essenziale oggi, e sottolineo oggi, sentirsi personalmente destinatari di quel seme. Il seminatore lo getta proprio a te e tu ne diventi custode, tu puoi essere migliorato da quel seme, tu puoi diventare terreno buono grazie a quel seme… Io non sono un uomo del fare (e devo ringraziare Dio e qualche buon amico che in questi giorni mi ha aiutato finalmente a fare verità). Il fare, da solo, non ha senso. È invece urgente imparare a STARE con Gesù. È Lui che dà senso a tutto quello che facciamo e viviamo (oratorio, camposcuola, parrocchia, ma anche scuola, pallavolo, sport, fidanzata/o,… Tutte queste cose senza di Lui non hanno alcun senso). Fate la Cresima perché Gesù vi ama, non perché siete bravi e sapete fare tante cose!

Amate Gesù! Amate quello che vivete e quello che vivrete! Prendetevi cura di chi avete intorno a voi! È il segreto della bellezza e della felicità! Cambierete voi e cambierete il mondo! Voi non siete il futuro di san Benedetto, non siete il futuro della Chiesa, non siete il futuro del mondo! Non serve a niente convincersi di essere il futuro se non potete esprimere nel presente ciò che siete, ciò che amate, ciò che desiderate! Noi siamo il presente che si apre con fiducia al futuro perché tutto viviamo alla presenza di Dio; oggi dovete sorridere, amare, colorare, parlare, correre, vivere. Oggi dovete appassionarvi, lottare, sacrificarvi per ciò che amate veramente! Fate verità in voi stessi e non attendete di essere grandi per convertirvi, per fare scelte belle, per imparare ad amare davvero Gesù e il prossimo! Si diventa santi partendo dall’oggi, da quel seme che germoglia nel cuore!

Disegnate la vostra vita seguendo una prospettiva diversa da quella geometrica e indifferente della ragione! Seguite la prospettiva del cuore, che disegna ciò che non è, per meglio vedere ciò che è. «Un esempio: aspettate qualcuno. Aspettate la vostra bella. Sta per arrivare. L’ha detto. L’ha promesso. Arriverà da quella parte. Fissate l’orizzonte, contemplate il paesaggio (che fa? Dovrebbe essere già qui). Nel paesaggio vi sono cose di diversa grandezza (foresta, case, strada). Quando finalmente lei arriva, tutte le proporzioni del paesaggio sono come sconvolte: questa figura minuta, là in fondo, appare all’improvviso più grande della foresta, delle case, della strada. Colei che agli occhi del geometra sarebbe giusto una macchia in lontananza diviene agli occhi dell’innamorato più grande dell’universo. Si vede ciò che si spera. Si vede a misura della propria speranza». (C. Bobin, Francesco e l’infinitamente piccolo)

Buon cammino!

don Gian Luca

Nessun commento:

Posta un commento